Reverse searing: 3 metodi per la bistecca perfetta

Reverse searing: 3 metodi per la bistecca perfetta

Il reverse searing è una tecnica di cottura nata dall’intuizione di Chris Finney, per questo appunto denominata metodo Finney. Questa procedura ha praticamente capovolto la procedura di cottura tradizionale.

Partiamo dal concetto che il miglior modo per gustare una bella bistecca è cuocerla fino ad una temperatura compresa tra rare (52°C) e medium (55°C), a seconda del taglio. Se si va troppo oltre con la cottura, si rischia di “strizzare” via i preziosi succhi. La carne diventa secca e più difficile da masticare, con il caratteristico colore grigiastro.

Il searing tradizionale

Come hai grigliato la bistecca fino ad ora?

Una manciata di minuti per lato per fare la crosticina e “speriamo che sia cotta”? Oppure 5 minuti per lato e 10 sull’osso? Forse quest’ultimo metodo è quello che più si avvicina al cosiddetto searing, che vuol dire cauterizzare.

Il searing tradizionale, ancora tuttora in voga in molte steakhouse, prevede una iniziale passaggio in diretta ad alta temperatura per sviluppare la crosticina della bistecca. Un successivo passaggio in indiretta (in forno ad esempio) permette di completare la cottura e raggiungere la temperatura target. Questo rappresenta la modalità più veloce per cuocere una bistecca e soprattutto per gestire più ordini contemporaneamente.

Ricordo il mio primo lavoro come cuoco nella mia breve esperienza negli USA. Non era una steakhouse vera e propria ma un raw bar & grill dove si servivano anche bistecche. Nella carta del menù c’era la pan fried ribeye, che veniva scottata per 2 minuti su un lato nella padella di ghisa, poi girata sull’altro lato e subito dopo inserita nel forno per completare la cottura. Durante questo tempo rimanente, il secondo lato della bistecca veniva cauterizzato mentre la temperatura del forno completava la cottura. Di sicuro non il modo migliore sia come controllo che come risultato, ma con un po’ di attenzione il cliente aveva la sua bistecca dopo pochi minuti.

Il reverse searing

Se non stiamo cucinando in un ristorante e abbiamo un tempo per coccolare un po’ la carne ed avere un risultato migliore, esistono delle tecniche per avere una cottura perfetta o quasi. Innanzitutto è fondamentale dotarsi di almeno un termometro istantaneo, meglio se affiancato da uno con sonda. Con quest’ultimo possiamo decidere con precisione quando è ora di passare allo step successivo di cottura.

Il reverse searing ha dei notevoli vantaggi rispetto alla cottura tradizionale. Grazie all’applicazione di alcune nozioni scientifiche nell’ambito delle cotture è stato possibile dimostrarne i motivi.

Innanzitutto questa tecnica permette di aumentare la succosità della carne. Gli esponenti della vecchia guardia delle scuole di cucina applicano il searing tradizionale, convinti del fatto che la cauterizzazione esterna della superficie permetta di sigillare i succhi presenti all’interno delle fibre della carne. In realtà diversi studi sull’argomento hanno sfatato questa leggenda, confermando i vantaggi del nuovo metodo. Questo infatti prevede un riscaldamento più dolce iniziale che permette una minore contrazione del tessuto connettivo che riveste le fibre. Tutto ciò si traduce in un miglioramento della ritenzione idrica.

La tecnica viene spesso confusa con la cottura a bassa temperatura o sous vide, con la quale presenta qualche analogia, come ad esempio appunto la cottura eseguita ad una temperatura molto inferiore di quella tradizionale. Se vuoi scoprire i vantaggi del sous vide su una bistecca ti consiglio di leggere Poor man steak.

L’esposizione prolungata della bistecca ad una temperatura di cottura abbastanza bassa (sotto i 100°C) in un ambiente con bassa umidità, come ad esempio il forno ventilato o barbecue, consente una preventiva asciugatura della superficie. Perché questo rappresenta un vantaggio? Perché la reazione di Maillard che cerchiamo di innescare avviene in presenza di scarsa umidità. Quindi partendo da una superficie già asciutta possiamo diminuire drasticamente il tempo di cauterizzazione. Il risultato è una cottura più omogenea e e minore perdita di liquidi, di conseguenza più succosità.

Il metodo Finney

Prevede un primo passaggio di cottura in indiretta a 200°F (93°C), fino al raggiungimento di una temperatura target di 3°C gradi inferiori a quella desiderata. Ad esempio se voglio una temperatura finale di 52°C al cuore, mi fermo a 49°C.

Quindi estrarre la carne dal forno e lasciarla riposare coperta da un foglio di alluminio. Durante il riposo, temperatura della carne continuerà a salire leggermente (carryover), quindi attendere che la temperatura scenda di 3 gradi dal suo picco più alto. Ad esempio se è arrivata a 51°C durante il carryover, bisogna attendere che scenda nuovamente a 48°C.

Lo step finale è la cauterizzazione a temperatura alta, quindi procedo con la cottura in diretta sulle brace o su padella di ghisa, fino ad ottenere una bella Maillard.

Il vantaggio di questa tecnica è che avrò una cottura più omogenea internamente rispetto al searing tradizionale ed una carne più succosa.

Il metodo Revit

Il Revit, acronimo di reverse searing italiano, è di fatto un reverse fatto a temperatura molto più bassa rispetto al Finney. Il fautore di questo metodo, Gianfranco Lo Cascio, autore molto conosciuto e stimato nel campo del barbecue, ha affiancato a questo tipo di cottura anche un preventivo dry brining della carne.

L’applicazione di questo metodo si ripercuote in diversi aspetti del prodotto finito. Innanzitutto vediamo come si esegue, poi andiamo a vedere perché l’applicazione si traduce nel risultato desiderato.

Dry brining

Il primo passaggio è l’applicazione di una salamoia a secco, ciò vuol dire salare la carne e lasciarla in frigo per diverse ore. Inizialmente il sale presente in superficie causerà la fuoriuscita di liquidi dalla carne. Successivamente la soluzione salina formatasi verrà riassorbita lentamente e permetterà la penetrazione del sale sempre più in profondità. Questo permette la degradazione del connettivo e aumenta la ritenzione idrica.

Cottura indiretta

Il secondo passaggio è una lenta cottura in forno impostato a 52°C. Il tempo è molto variabile in questo caso e dipende da diversi fattori, lo step sarà completato al raggiungimento di 52°C al cuore. Questa è una temperatura ottimale per il lavoro di diversi enzimi, tra i quali le catepsine, capaci di degradare le proteine del tessuto connettivo e di intenerire la carne. A questo si aggiunge il vantaggio già noto per il Finney, cioé una disitratazione superficiale che andrà a favorire la fase successiva.

Maillard

L’ultimo passaggio è la cottura diretta ad alta temperatura, che si può eseguire su brace o su padella di ghisa. La cauterizzazione e formazione della crosticina avviene in poche decine di secondi. Quindi il risultato sarà una perfetta maillard esterna, una cottura omogenea interna senza sfumature di colore grigiastro vicino alla superficie, ed una carne molto succosa e tenera.

Si tratta di un metodo, basato molto sulle conoscenze scientifiche che cerca di massimizzare i risultati ottenibili con il Finney, a discapito però del lungo tempo di preparazione e di cottura. Di certo difficilmente applicabile in ambito di ristorazione o se non si ha molto tempo a disposizione.

Il metodo Agostini

In realtà non so dare un nome a questo metodo, ma mi sembra logico attribuirlo all’autore di un articolo molto interessante sull’argomento. In particolare faccio riferimento a Marco Agostini, famoso griller (lo so è riduttivo) scrittore e creatore del progetto di https://grillexperience.it/, ed ad un suo interessante esperimento. Oggetto di quest’ultimo è proprio la dimostrazione dell’efficacia di un metodo di reverse searing a temperatura molto bassa.

Riscaldamento e azione enzimatica

Il metodo prevede il riscaldamento della bistecca a 34°C, una temperatura che sembra essere molto favorevole all’azione di un particolare enzima, chiamato Calpaina.

Facendo riferimento all’autorevole testo di Mcgee “On Food and Cooking”, l’enzima Calpaina inizia a denaturare e a perdere la sua efficacia intorno ai 40°C. Sotto questa soglia, più la temperatura è alta e più veloce la degradazione del tessuto connettivo. Quindi in teoria si può ottenere il massimo del risultato intorno ai 39°C, almeno secondo gli studi nel famoso testo sopra citato.

Secondo gli esperimenti di Marco Agostini invece, si ha il risultato ottimale alla temperatura di 34°C, almeno per quanto riguarda l’applicazione sulle bistecche. Forse la differenza sta nel fatto che entrano in gioco diversi fattori oltre la temperatura, magari la composizione stessa della materia prima in oggetto, che varia a seconda del taglio, animale, come è stato alimentato e via dicendo. Ovviamente sono solo supposizioni, probabilmente ci sono altri studi sull’argomento.

Per quanto riguarda il procedimento, si accende il barbecue con poco carbone e si stabilizza a 34°C. Si mette la bistecca sulla griglia e si procede con la cottura indiretta come negli altri 2 metodi. Il tempo necessario per questa fase è almeno 100 minuti, più si prolunga e più ci sarà un’azione di intenerimento delle fibre da parte degli enzimi.

Fine cottura e Maillard

Se abbiamo dedicato abbastanza tempo alla cottura indiretta, la temperatura al cuore della carne sarà intorno ai 34°C. La superficie della carne sufficientemente disitratata, pronta per la cauterizzazione.

Nella seconda fase di cottura diretta, dobbiamo portare la bistecca ai 52°C desiderati ed ottenere una bella maillard esterna. Forse questo è il metodo che necessita di più controllo in questa fase, quindi bisogna “dosare” bene il fuoco, facendo attenzione alla permanenza della carne sulla brace.

Conclusioni sul reverse searing

Abbiamo esaminato 3 metodi di cottura che rappresentano delle variazioni della tecnica chiamata reverse searing.

Si può affermare che il metodo Finney è il metodo più veloce e pratico ma che sfrutta in maniera minima l’azione di intenerimento della carne. Ciò non rappresenta un problema se partiamo da un taglio di carne già tenero di per se, con una buona frollatura e infiltrazione di grasso.

Il Revit e Agostini sono frutto di una ricerca più scientifica della scelta delle temperature, il cui scopo è sfruttare l’azione di determinati enzimi e reazioni per agevolare la degradazione delle proteine ed ottenere effetti simili alla frollatura. Nascono quindi per avere dei risultati migliori su tagli di carne poco frollati e non particolarmente marezzati.

Tra i due, il metodo più a prova di errore è il Revit, tramite il vari step predispone il nostro taglio di carne ad una cauterizzazione lampo, senza preoccuparsi troppo di innalzare la temperatura al cuore della carne. Lo svantaggio di questa applicazione è sicuramente il lungo tempo da dedicare alla preparazione.

I più affezionati del revit e i talebani della bistecca “perfetta” potrebbero criticare il metodo Agostini a causa della presenza del “mouse ring”. Termine sempre più in voga per indicare la sfumatura grigiastra interna subito sotto la crosticina esterna. Colore che indica che la mioglobina è stata denaturata, quindi si tratta di carne troppo cotta per dirla in soldoni.

Se devo dire la mia, a volte si esagera un pochino cercando a tutti i costi di ottenere un colore perfettamente omogeneo. A mio parere 1mm di cosiddetto “mouse ring” non compromette la degustazione di una bistecca cotta come si deve e succosa.

Ci possiamo sempre permettere un così grande dispendio di tempo ed energie per avere la “bistecca perfetta”? Oppure dobbiamo imparare anche a raggiungere un buon compromesso? Tu cosa ne pensi? Come cuocerai la tua prossima bistecca?



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